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[Un totem] |
La spiegazione freudiana della nascita del totemismo ha la forma di un mito. In origine, racconta Freud, c’è «un padre violento, geloso, che tiene per sé tutte le femmine e scaccia i suoi figli man mano che crescono». I figli scacciati dal padre si riuniscono e decidono di ribellarsi contro il padre. Così, lo uccidono e ne mangiano il cadavere (banchetto totemico); dopo averlo ucciso, però, provarono un forte senso di colpa, una sorta di rimorso collettivo. Per placare il rimorso sostituiscono il padre con un animale simbolico ed obbediscono alla sua proibizione, vietando a se stessi di avere rapporti sessuali con le donne del gruppo. Nascono così il totem ed il tabù, che hanno il senso di un tentativo di riconciliazione con il padre ucciso.
Questa struttura primitiva si trova anche nelle religioni più evolute e per Freud è alla base dello stesso cristianesimo. I cristiani, nota Freud, credono nell’esistenza di una colpa iniziale, il peccato originale, che viene espiata attraverso il sacrificio del Figlio di Dio, il Cristo. Ma una colpa che richiede, come rimedio, un sacrificio, non può essere a sua volta altro che un’uccisione. Attraverso il sacrificio di Cristo si attua la riconciliazione con il padre, la cui uccisione è stata la colpa originaria. Il fatto che, secondo il mito, la donna (Eva) abbia una responsabilità primaria in questa colpa conferma l’analogia con il mito dell’uccisione del padre violento. Tuttavia la riconciliazione è imperfetta. Il figlio che si sacrifica per il padre diventa a sua volta Dio; non solo: si sostituisce al Padre, ne prende il posto. Questa sostituzione viene sancita dal rito della comunione, che per Freud rappresenta una riproposizione del banchetto totemico. Come gli antichi figli del mito mangiarono il cadavere del padre, così ora i fedeli mangiano la carne e bevono il sangue del figlio. In questo modo, però, essi si identificano con il figlio, e non con il padre; per questo «la Comunione cristiana è, in fondo, una nuova soppressione del padre, una ripetizione dell’atto che richiede espiazione».
Come si vede, il giudizio di Freud sulla religione è tutt’altro che positivo. Per il fondatore della psicoanalisi la religione rappresenta un’illusione, con la quale gli uomini cercano di soddisfare i desideri più antichi della loro specie.
Mediante il benigno governo della Provvidenza divina, l’angoscia di fronte ai pericoli della vita viene calmata, l’istituzione di un ordine morale universale assicura l’appagamento dell’esigenza di giustizia, che nella civiltà umana è rimasta così spesso inappagata, il prolungarsi dell’esistenza terrena mediante una vita futura istituisce la struttura spaziale e temporale in cui questi appagamenti di desideri devono trovare il proprio compimento
scrive in L’avvenire di un’illusione. Nonostante questo, la religione non è riuscita però a rendere realmente felici gli uomini e nemmeno a realizzare una civiltà soddisfacente, né è da credere che possa farlo in futuro, poiché essa ha avuto tutto il tempo per dispiegare le proprie potenzialità . La religione è una specie di nevrosi ossessiva dalla quale è per Freud ora di liberarsi, facendo il «tentativo di un’educazione irreligiosa» che porti gli uomini e le donne ad accettare pienamente la condizione umana, senza consolazioni, ed a fondare sulla ragione e sulla scienza la vita sociale e politica.
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